Qual è la logica delle dimissioni a tempo?

L'argomento principale per giustificare le dimissioni a tempo sembra essere che l'attuale governo possa in qualche modo comportarsi (finalmente!) in maniera responsabile ed aiutare a far passare la legge di stabilità, legge che tutti spacciano come molto urgente. Quindi meglio andare con ordine, prima il governo aiuta il paese con tale legge, poi si dimette. Giusto?

Manco per idea!

L'utilità del governo—o meglio, del consiglio dei ministri—nel fare passare le leggi si esprime solo quando possiamo fare l'assunzione che il consiglio dei ministri sia espressione della volontà politica della maggioranza. (Già questa interpretazione del ruolo del governo è una stortura—le leggi dovrebbe comunque farle il parlamento—ma accettiamola per seguire la retorica che ci stanno propinando in queste ore.)

In questa fase contingente, è chiaro come il governo non corrisponda più alla maggioranza esistente in parlamento. Per fare passare la legge di stabilità è quindi necessario cercare un accordo tra le forze della (vecchia) maggioranza e dell'opposizione. Un tale accordo non si può certo cercare in consiglio dei ministri, in quanto l'opposizione lì non è rappresentata. Luoghi politici più adatti per cercare l'accordo sulla legge di stabilità sono quindi le commissioni parlamentari, o l'assemblea dei capigruppo, se non addirittura un bar qualsiasi dove radunare i segretari dei partiti maggiormente rappresentati in parlamento.

Le dimissioni a tempo non hanno quindi alcuna utilità. Mi stupisce che il Presidente della Repubblica non lo abbia osservato, cosciente com'è sia della forma che dei principi della Costituzione.

Le dimissioni a tempo sono in fondo solo un'altra espressione di un presunto centrismo governativo, del fatto che nella democrazia vista dal berlusconismo la sovranità popolare non è esercitata dal parlamento ma dal governo (se non addirittura dal presidente del consiglio dei ministri).